I frequentatori del Samten Ling, “luogo del risveglio interiore”, sanno che il suo territorio unico, abitato da magnifici esseri vegetali e animali, circondato da ruscelli di montagna, ha un ruolo insostituibile nel loro cammino spirituale. Basta fare il “giro del Mandala” attraverso i boschi, fino al tempio, tra le castagne o i mughetti, sul terreno luccicante di minerali argentei, per ritrovarsi, al punto di partenza, ma diversi.
Il bosco è dall’inizio della storia umana luogo alchemico, cioè trasformativo: senza scomodare alambicco e crogiuolo, la trasmutazione del piombo in oro è sempre una metafora dell’evoluzione dello stesso alchimista. E gli ingredienti per cambiarci un bosco li contiene tutti.
Il semplice passaggio attraverso questo universo vegetale è già un viaggio. La respirazione si apre, i sensi si acuiscono: siamo nel luogo che ci ha cresciuti, per milioni di anni, prima delle città e delle macchine. Il passo si fa leggero e consapevole, come quello di un animale selvatico. Gli alberi che ci sovrastano restituiscono proporzione alla nostra esistenza, che da loro dipende totalmente. Al bosco diamo il veleno dell’anidride carbonica, ci restituisce ossigeno per vivere.
La sperimentazione dell’ambiente naturale, con le sue diverse intelligenze, ci permette di dubitare di quella visione antropocentrica, con l’essere umano al centro del cosmo e superiore alle altre forme di vita, che è alla base di ogni violenza verso la natura. Possiamo fermarci su un cuscino di muschio, sentirci un albero tra gli altri. Vegetali, animali e minerali del bosco agiscono da catalizzatori di una reazione che non è solo chimica ma spirituale.
Ci vediamo già parte di un mondo unitario. E la natura ricambia mettendo in moto energie fisiche e psicologiche normalmente non disponibili.
Ci serviranno: gli alberi hanno un cammino assai più impegnativo da proporci.
Il bosco fa parte del patrimonio psichico ed onirico dell’umanità, è uno dei più grandi simboli dell’inconscio: addentriamoci nell’oscurità e, prima o poi, vi incontreremo noi stessi e i nostri ostacoli interiori.
Il profondo dei boschi è il set multicolore delle favole attorno al fuoco, del folklore e dei miti universali, soglia tra mondo ordinario e sovrannaturale, che il protagonista deve attraversare perché il racconto possa proseguire. Vi Incontriamo una serie di forze ignote che aiutano oppure ostacolano: animali parlanti, elfi, maghi, streghe ed altre entità sono lì per sfidarci, testare le nostre virtù e condurci in avanti.
Perdersi nella selva come Dante è necessario: così è il viaggio del ricercatore spirituale, la foresta come il labirinto della mente dal quale si esce, dopo molti incontri e faticose giravolte, alla luce di una coscienza superiore.
La notte interiore è dissipata e il bosco, nel giorno nuovo, non è più ostile e tenebroso, ma meraviglioso e benigno, pieno di doni per chi non ha avuto il timore di attraversarlo. I tronchi maestosi, che vivono simultaneamente in terra e cielo, materiali e spirituali, ci accolgono come pilastri di una cattedrale gotica, dove possiamo riposarci e pregare.
I tibetani riveriscono le foreste come spazi sacri per i ritiri dei praticanti, fanno offerte in segno di amore e gratitudine. È sotto un albero che il principe Siddharta Gautama diviene il Risvegliato. Possiamo sedere anche noi, in meditazione, sgranando la mala che forse un albero ci ha donato. Sotto l’intricato disegno dei rami è facile comprendere l’interdipendenza dei fenomeni. Nello spazio meditativo il respiro torna al ritmo dei cicli naturali di vita-morte-vita, negli attimi finalmente vuoti di pensieri si manifesta l’energia vitale che permea tutto ciò che esiste. La meditazione fa sorgere la dimensione naturale della mente e la espande fino a ricomprendere il circostante e fondersi con esso. Noi, gli alberi, gli uccelli in volo, cielo e terra, tutto diventa uno.
Quando alla fine ci alziamo per ritornare, sulla via di casa ogni cosa ci appare differente da prima: noi, come tutto il resto, siamo cambiati.